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Diego FUSARO, Essere senza tempo, accelerazione della storia e della vita  Aprile 2011   Torna alle categorie

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Essere senza tempo recensione libro Diego Fusaro

Diego FUSARO, Essere senza tempo, accelerazione della storia e della vita,

Milano, Bompiani, 2010, pg. 411, 12 euro.

Fusaro, autore del fortunato Bentornato Marx!, riflette sull’epoca della fretta, sull’attuale “tempo senza tempo”, in cui tutto corre scompostamente. Motivo accidentale dello studio è il passaggio dall’università di Torino a quella di Milano, città che producono diversi regimi di temporalità (nella seconda si vive più velocemente).
Da qui, l’idea di ricostruire la “storia della fretta”, di chiedersi quale senso essa abbia, in relazione al mondo della storia.
Il mondo non si è sempre affrettato, né ha sempre dato alla “corsa contro il tempo” un valore positivo; esempio di questo è il mondo greco, il suo dare valore alla teoria, alla contemplazione, la olimpica compostezza della sua grande scultura.
La dimensione soggettiva della celerità nasce con i due grandi fenomeni storici della rivoluzione industriale e di quella francese. Le testimonianze del tempo percepiscono che molti fatti accadono in un minor lasso di tempo.
Con l’illuminismo cambia il concetto di storia. Filosofi, letterati, politici percepiscono che si sono dissociati i tempi del mondo e della vita, che l’esistenza umana rincorre affannosamente un mondo troppo rapido. Il “rischiaramento” è arrivato troppo tardi, dopo secoli di buio, ignoranza, oppressione e deve velocemente (corsa contro il tempo) modificare la realtà. L’orizzonte di riferimento è volto solamente al futuro e viene trasformato lo stesso lessico politico, tutto proiettato verso il domani, nella certezza che l’avvenire sia migliore del passato (l’era della felicità e della libertà, l’ “aureo futuro” cui si riferisce Robespierre).
Il simbolo dell’accelerazione e della modernità, il luogo verso cui tutto converge, diventa il treno. Non a caso, è del 1830 la prima linea passeggeri (Manchester- Liverpool), seguita a ruota dalle prime linee statunitensi (la corsa verso ovest) e tedesche, mentre, per mare, i vecchi bastimenti vengono sostituiti dal clipper, agile e snello. Pensatori e scrittori esprimono questa novità: se è espressione comune quella per cui Il progresso corre veloce come un treno, per Heine Lo spazio è stato ucciso e ci è rimasto solo il tempo, per Gorres Il grande treno della storia accelera con regolarità, sino alla famosa espressione marxiana: Rivoluzione, locomotiva della storia che serve ad Accelerare le doglie del parto.
Interessante e curioso anche l’accenno ai beni materiali: nel ‘700, il caffè diviene la bevanda della borghesia in ascesa, oltre a luogo di incontro e di discussione, contrapposta alla cioccolata, propria dei salotti aristocratici e all’acquavite, consumata dal nascente proletariato. Al tempo stesso, sempre più la sigaretta sostituisce la pipa che richiede tempi, quasi rituali, più lunghi.
Se fretta ed accelerazione significano per secoli l’idea di un futuro diverso e migliore:
Pare quasi che in questi tempi lo Spirito, che sino allora aveva quasi proceduto a passo di lumaca… aveva anzi retroceduto… calzi gli stivali delle sette leghe (Hegel), La mia intera vita scorre incessantemente verso il futuro ed il meglio (Fichte) oggi assumono una valenza del tutto diversa.
In questa realtà postmoderna (postmetafisica), continuano a manifestarsi, in modo parossistico (i fast food, i bar dove non ci si siede più, i grandi supermercati), ma assumono valore nichilistico perché il futuro è venuto meno, il presente è svuotato dei valori riferiti al futuro come orizzonte di riferimento. La desertificazione dell’avvenire inizia, come data simbolo, nel 1989, anno in cui termina il “secolo breve”.
L’individualizzazione della vita, l’egoismo imperante, la fine delle speranze di trasformazione della realtà producono l’eternizzazione del presente, il vivere, soprattutto da parte dei giovani, senza conoscenza del passato e fiducia nell’avvenire, in quel “presente continuo” di cui parla Hobsbawm.
Allora, perché la fretta? Perché il capitalismo si è assolutizzato, deve naturalizzarsi, eternizzarsi e scongiurare, nell’immaginario, nel senso comune, la possibilità di alternative, di futuri diversi.
La corsa continua, nel lavoro, nella vita quotidiana, nei ritmi, negli acquisti, nel tempo libero, nelle vacanze (per chi se le può permettere) deriva dall’avere eletto la merce ad assoluto, in una società dei consumi, unico possibile orizzonte di riferimento per chi oggi ne è escluso. Internet e facebook assumono valore di paradigma del mondo in cui siamo immersi.
Non c’è più il futuro di una volta sembra sintetizzare la “morale” di un testo che intreccia riferimenti filosofici, teologici, storici, storiografici, letterari, una bibliografia ricchissima, un tentativo di interpretazione dell’oggi che, come nel testo precedente, non può fare a meno delle categorie marxiane.


7 aprile 2011
Sergio Dalmasso.